Il “Sa burra” è il tappeto tradizionale Sarulese, eseguito con il telaio verticale che veniva dato in dote dalle donne al figlio primogenito.
Descrizione prodotto
Il colore per il tappeto si otteneva da erbe diverse, mentre oggi si utilizzano tinture chimiche. I tappeti elaborati durante il corso 96/97 sono tessuti interamente con lana colorata con le erbe. Il colore predominante nel tappeto sarulese è il giallo, che si ottiene facendo bollire rami e foglie di “erimeri”. Il nero, altro colore classico de “sa burra”, è il nero naturale della lana, anticamente ottenuto dal mallo delle noci e da un altro tipo di “erimeri”. “S’alino” dava un colore rossastro, e la corteccia dello stesso albero, usata da sola, dava l’avana. Da “su madicu”, la fuliggine, fatto bollire con l’acqua e la lana si otteneva una colorazione marrone. Per intensificare e rafforzare il colore, si aggiungeva una miscela di acqua e cenere detta “sa lessia” (lisciva). Mentre i disegni dei tappeti in genere, e soprattutto quelli de “sa burra”, nascevano dall’ispirazione che le donne prendevano dalle cose con cui venivano a contatto quotidianamente. “Sa burra” viene iniziata con “su cordone”, un intreccio di lana a due colori, che serve per rinforzare l’inizio del lavoro e per abbellirlo; lo stesso motivo si ritrova a chiusura del tappeto.
Motivi caratteristici de “sa burra” sono:
• “SAS RIGHICHEDDAS”, piccole righe, tre gialle e tre nere;
• “SOS TOCCHICHEDDOS”, righe più strette delle precedenti, due rosse e due nere;
• “SAS DENTEDDAS”, che si dice siano ispirate alla dentatura umana;
• “SAS MENDULEDDAS”, trovano riscontro nei dolci tipici sarulesi: “s’aranzada” e
“sas menduleddas”;
• “SOS PIRICCHEDDOS”, sono ispirati a “sos mojos”, recipienti di sughero che venivano usati per far lievitare il pane ed in sostituzione delle arnie per le api.
Tutti questi motivi, in sequenza, compongono la parte iniziale e terminale del tappeto, dette “sas codas”.
• “SA CIAI”, che si esegue ai bordi del tappeto, deriva dalle grandi chiavi usate nei tempi antichi ed ha il compito di chiudere il lavoro ai lati;
• “S’ARC’HIZZONE” è copiato dal costume sardo.
Al centro del tappeto venivano e vengono tuttora riportati vari disegni, tra cui:
• “SA ROSA”;
• “SU PUZONE”;
• “S’ESSERE”, copiati dagli intarsi de “sa cassia”, una cassapanca che rappresentava un mobile multiuso mentre oggi è considerata un prezioso pezzo d’antiquariato;
“SU CALICHE”, disegno ispirato alla clessidra;
“SU LIBRU”, fatto di piccoli quadretti ognuno dei quali rappresenta una pagina.
Ma il più classico dei tappeti sardi è quello lavorato a punto Pibiones, una lavorazione che produce rilievi, come rombi, stelle e fiori, di solito dello stesso colore del fondo, ma anche in bianco e nero.
Elementi che lo caratterizzano
Il telaio orizzontale, faceva per così dire parte dell’arredamento di tutte le case; questo perché la maggior parte dei tessuti per gli indumenti maschili e femminili e il corredo per la casa venivano realizzati al telaio. Al telaio verticale si eseguivano lavori di un certo pregio come “sa burra “, il tappeto tradizionale sarulese che le mamme davano in dote al figlio primogenito. Questo tappeto era ed è ancor oggi un pezzo pregiato che allora veniva pagato, non essendoci denaro corrente, con delle provviste (es. per una “burra” il corrispettivo erano o 40 Kg di formaggio, o una “carra de tridicu “, circa 120 Kg di grano). La tessitura di una “burra” richiedeva il lavoro di quaranta giorni di tre donne. La persona che richiedeva la realizzazione di un tappeto, il pomeriggio si recava a controllare il procedere del lavoro portando alle tessitrici il latte caldo con il caffè e l’uovo sbattuto. Le giornate invernali, buie e corte, non erano l’ideale per lavorare al telaio, non essendoci infatti energia elettrica si era costretti ad accendere il fuoco che veniva alimentato con l’asfodelo, poco costoso e adatto all’esigenza di disporre di una buona luce.
Storia Prodotto
L’arte della tessitura artigianale, a Sarule, risale a parecchi secoli fa ed era un’attività produttiva che interessava soltanto alcune famiglie ed a cui le donne si dedicavano come a un vero e proprio mestiere, che tramandavano esclusivamente alle proprie figlie. Il tappeto, che oggi viene lavorato secondo i sistemi tradizionali, risale a circa due secoli or sono, e fu opera di tre tessitrici sarulesi: Tzia Maria Bande, Tzia Caterina Becche e Tzia Culìo. L’idea di realizzare questo tappeto (che diventerà successivamente l’esemplare tradizionale dell’arte tessile a Sarule) venne ad una signora di Sassari, che commissionò il lavoro a queste tre tessitrici. Il tappeto, così realizzato, finì presto nelle mani di una parente della donna che lo commissionò, vale a dire Maria Seui la quale, a causa della grande passione che aveva per l’artigianato, venne colpita dalla bellezza di quel lavoro, manifestando subito il desiderio di recarsi a Sarule per conoscere le artigiane che lo avevavo realizzato. A Sarule, naturalmente, questa signora potè conoscere anche tante altre artigiane che si dedicavano a questa attività e, ad alcune di esse, rivolse l’invito di recarsi a Sassari per effettuare una sorta di dimostrazione, ossia per far conoscere la tecnica di realizzazione dei tappeti. A tale invito aderirono tre signore: Tzia Gonaria Soro, Tzia Maria Brandinu e Tzia Maria Antonia Buffas, che conseguirono, alla fine di questo lavoro, un attestato di tessitrici; questo accadeva nel 1934. Quell’esperienza, seguita alla realizzazione del tappeto commissionato dalla signora sassarese, fu un momento importante nella storia dell’artigianato tessile a Sarule. La tessitura, infatti, da attività preminentemente volta a realizzare gli oggetti e gli utensili per l’abbigliamento o gli usi domestici (bisacce, panni, sacchi, coperte, calzoni di orbace etc.), diviene anche un’arte per creare oggetti di arredamento per le abitazioni. Il tappeto di Maria Seui (la quale diventerà presidente degli artigiani a Sassari) possiamo dire che rappresenta il primo esempio di quella che è, attualmente, “Sa Burra”, ovvero il tappeto di grandi dimensioni della tradizione tessile sarulese, che, inizialmente, veniva usato come copriletto, diventando successivamente il sottotavolo più prezioso, non solo delle case barbaricine, ma anche di tante ville disseminate nelle varie località turistiche della Sardegna.
Tecniche coltivazione
L’ordito, allora come oggi, si preparava in “sa carrela”, nella strada, poiché era necessario disporre di un ampio spazio. Preparato l’ordito, quest’ultimo veniva avvolto in “sos issurvos”, pezzi di legno disposti orizzontalmente e paralleli tra loro nel telaio. La sistemazione dell’ordito nel telaio veniva eseguita da tre donne che tiravano e arrotolavano i fili. I pali laterali venivano fissati al soffitto tramite funi. Il primo “issurvu”, con l’ordito arrotolato, veniva fissato nella parte superiore tra i pali verticali , “sas rejasas “, e legato à sua volta con delle corde; il secondo veniva collocato nella parte inferiore. Per ottenere la tensione desiderata, tre persone salivano sopra “s’issurvu” inferiore per tendere l’ordito con il loro peso; il tutto veniva fermato con dei pioli, “sos broccos “,inseriti in appositi fori. Successivamente si preparava il “liccio”, sistemando su un bastone, con un procedimento usato ancor oggi, i fili dispari, chiamati “ilos de lizzu”, ed i pari, chiamati “ilos de canna”. Conclusa l’operazione, s’infilava una canna che aveva la funzione di separare i fili; alzando e abbassando la stessa si procedeva alla tessitura.
Dove lo possiamo acquistare
A Sarule, piccolo paese di origini medievali, si è conservata la tradizione della tessitura di colorati tappeti ornati da figure fortemente stilizzate.
Ancora oggi, passeggiando sulla via principale del paese, si possono incontrare i laboratori in cui si lavora come un tempo su dei telai verticali, e dove si possono acquistare i tappeti.