Il termine “scapece” deriva dalla denominazione aragonese escabèche (in italiano “pesciolini in aceto”), che a sua volta proviene dalla latinizzazione askipitium (o assipitium, alkipitium) dell’arabo As-sikbãj, che designava una preparazione molto apprezzata che seguiva una procedura simile alla scapece, ma destinata alle carni bollite.
Descrizione prodotto
La scapece di Botrugno è una preparazione della tradizione culinaria italiana a base di pesce fritto e marinato in aceto, con mollica di pane, zafferano e olio (la ricetta viene illustrata nel box) e corrisponde, grosso modo, al settentrionale “carpione”, che prende il nome dai pesci d’acqua dolce solitamente impiegati in questa ricetta.
Storia Prodotto
La scapece sembra fosse molto gradita a Federico II di Svevia, il quale faceva imbandire le sue tavole di colore giallo proprio perché amava il colore dello zafferano, secondo ingrediente della scapece, che dà al piatto un colore caratteristico.
Ricette
Ingredienti
• Pesce di varie qualità e ridotte dimensioni (boghe dette “ope”, zerri detti “pupiddhi” o altro)
• olio per friggere
• farina
• aceto
• zafferano
• mollica di pane (pagnotta)
Preparazione
Nella scapece gallipolina il pesce non viene pulito prima di essere fritto a causa della quantità e della dimensione ridotta delle specie di pesci utilizzati. Mantenere la lisca del pesce potrebbe sembrare strano ma questa viene ammorbidita e resa commestibile con la marinatura in aceto. Va precisato che ci sono più tipi di scapece gallipolina, differenti tra loro dal tipo di pesce utilizzato, per questo, prima della frittura, i vari tipi di pesci vengono “scucchiati”, cioè separati, secondo la specie. I pesci fritti vengono disposti, a partire dal fondo della tinozza, a strati alternati con la mollica di pane imbevuta con l’aceto in cui è stato sciolto lo zafferano. La mollica che si utilizza è quella della pagnotta. La forma di pane viene privata della crosta e tagliata a metà, le varie metà vengono poi strofinate su uno strumento detto “crattacasa”, una grande grattugia formata da un semicilindro di acciaio largo mezzo metro sulla cui superficie sono stati praticati dei fori, simili a quelli di una grattugia da formaggio, larghi circa un centimetro. Una volta che la tinozza è stata riempita fino all’orlo viene sigillata con un foglio di plastica e messa a riposare in una cella
Dove lo possiamo acquistare
Feste padronali nel Salento.
Eventuali sagre
Festa di Santa Cristina 24 luglio – Gallipoli