Per ottenere un buon salame, il maiale deve essere stato ucciso il giorno prima perché le carni fredde, il giorno dopo, si lavorano meglio, i coltelli della macina tagliano senza sbrecciare i pezzi che sono messi via via nell’imbuto.
Nella concia si deve usare solo sale marino (dal 2,2 al 2,4%) e non salgemma, pepe (dall’1,5 al 2%, non pepe garofano, pimento o pepe dolce), spezie (cannella, noce moscata, chiodi di garofano ecc.), quattro capi di aglio per quintale d’impasto. Il periodo adatto per la maialatura è quello che va dai primi di novembre (dal giorno 11, per San Martino, precisa qualche anziano) sino alla fine di febbraio perché è da novembre in poi che nell’aria circola la giusta proporzione di umidità. La cantina ideale ha un tasso di umidità dell’85%, una temperatura costante di 10 – 12 gradi e deve avere una finestrella per poter essere sapientemente arieggiata.
Nel giorno delle operazioni di maialatura, che in dialetto ceresarese si riassume nella dizione “fa sö el pursèl”, il suino viene indotto a uscire dal ricovero in modo naturale e senza traumi che possono compromettere la bontà delle carni (attualmente il suino può anche provenire dagli allevamenti specializzati e di riconosciuta qualità presenti sul territorio comunale che rispettano tutte le normative in tema di benessere animale). Una volta ucciso (oggi in macelli autorizzati) si deve lavare subito e accuratamente con dell’acqua caldissima che ammorbidendo le cotiche permette di raschiare via le setole senza tagliarle.
Quando l’operazione è eseguita si attacca la carcassa per i tendini delle zampe posteriori, la si issa su un apposito sostegno fatto con pali di legno detto in gergo “picaröl”, si taglia la pancia per i lungo e lo si eviscera raccogliendo quanto può essere utile per l’alimentazione e cioè cuore, rognoni, fegato, polmone, reticenza ecc. Si procede successivamente a sezionare le due mezzene secondo il loro utilizzo in salami, pancette, coppe e cotechini che rappresentano la gamma consueta della produzione locale.
Nell’impasto dei salami le proporzioni sono storicamente queste: 80% di carne magra e 20% di lardo. Questi rapporti possono leggermente modificarsi a seconda delle proporzioni famigliari e della muscolatura del soggetto da lavorare che può essere più o meno grasso.
Tolta la cotenna e ridotte le carni in pezzi di dimensioni tali da poter essere agevolmente essere immessi nell’imbuto della macchina, si procede alla loro macinatura. Le piastre possono avevo fori diversi a seconda dei gusti della famiglia e la discrezione è del “masalì”. La massa ricavata va posta in un mastello rettangolare di legno (mesèt), dai bordi svasati per favorire la lavorazione. Si pesa con attenzione, si toglie la tara e si ha il peso effettivo della pasta di salame.
La concia è ovviamente proporzionata, nelle sue quantità, al peso del macinato da condire. Può anch’essa subire delle leggere variazioni a seconda della propensione famigliare, del clima della giornata, della qualità del maiale ecc.
Dopo un periodo che varia in base al clima esterno e ai gusti famigliari (circa 4-5 mesi), il salame di Ceresara è pronto per il consumo.
Oggi il Salame Tipico Famigliare Artigianale di Ceresara De.Co, oltre ad essere consumato all’interno delle famiglie del paese, è possibile degustarlo in occasione dei principali eventi enogastonomici presenti sul territorio comunale (Fiera della Possenta, Festa de la Saresa e Convivio a Palazzo).