Le origini della Costoletta alla milanese risalgono al 1134, quando delle cotolette impanate e fritte furono offerte dall’Abate della Basilica di Sant’Ambrogio a Milano. Nel 2008 è diventata ufficialmente una De.Co.
In Italia, la tecnica dell’impanatura a base di pane grattugiato, per l’ottenimento di fritture dorate e croccanti, ha una lunga storia derivante anche dal mito che circolava in antichità, riguardante l’uso dell’oro in cucina. Ad esempio, i medici del Medioevo erano certi che l’oro fosse il rimedio principale per sconfiggere e prevenire le malattie cardiache, per questo suggerivano di cospargere i piatti con la polvere del metallo prezioso. L’oro, però, era disponibile solo nelle cucine di re e di pochi altri fortunati, mentre la restante parte della popolazione doveva accontentarsi solo del colore dell’oro.
Da questa motivazione scaturisce la divulgazione della tecnica dell’impanatura.
ll primo riferimento alla cotelètta, dal dialetto milanese cutelèta, apparve solo nel 1814 nel dizionario dialetto milanese-lingua italiana scritto da Francesco Cherubini e pubblicato dalla famosa Regia Stamperia Imperiale di Milano. Nel dizionario il piatto viene definito cotoletta, ma vi è un ovvio riferimento alla costoletta, perché’ il nome ha una chiara origine francese. Deriva infatti dalla parola côte o côtelette, carne di vitello prelevata dalla costola con l’osso, che in italiano corrisponde a costa, costola o costoletta.
Ne è la riprova il fatto che le côtelettes impanate e dorate siano presenti nei libri di cucina francesi dall’inizio del XVIII secolo, compreso il fondamentale “La science du maitre d’hotel” del 1749. Lo storico della cucina Massimo Alberini, ex presidente dell’Accademia della cucina italiana, lo segnalò in un articolo e menzionò che, quando queste côtelettes arrivarono in Italia, all’inizio del XIV secolo, furono chiamate in italiano “Cotolette della Rivoluzione francese”.
La cotoletta rivoluzionaria doveva essere marinata in burro fuso con sale, pepe, chiodi di garofano ed erbe fini e poi passata per farina, uova sbattute e pangrattato, prima di essere fritta. Si può notare che il suo metodo di preparazione e la variazione di alcuni ingredienti, non coincidevano con la primissima ricetta della Costoletta alla Milanese mai pubblicata, che apparve nel 1855 nel libro Gastronomia Moderna, di Giuseppe Sorbiatti.
La ricetta si intitolava “Costoline di vitello fritte alla milanese”: le parole Costolina e Costoletta in italiano sono all’incirca la stessa cosa. Il metodo di preparazione di quella ricetta richiedeva che le costolette fossero immerse nelle uova sbattute, ricoperte di pangrattato e fritte nel burro fino a raggiungere la doratura. L’autore suggerisce una frittura a fuoco lento. Non esisteva ancora il burro chiarificato, che fu poi utilizzato per il suo punto di fumo più alto e perché particolarmente appropriato nella cucina professionale. La ricetta di Sorbiatti suggeriva di servire la carne con lo stesso burro fuso nella quale era stata cotta, con l’aggiunta di fettine di limone.
Ma quindi, qual è il termine più appropriato? Cotoletta o costoletta?
In dialetto milanese, le parole fanno riferimento alla medesima ricetta. Infatti, nei libri di cucina e nella letteratura culinaria si possono ritrovare entrambi i termini.
Ada Boni ne Il Talismano della Felicità e Fernanda Gosetti (In Cucina con Fernanda Gosetti) la chiamano Costoletta. Appare invece come Cotoletta ne La Cucina d’Oro di Giovanni Nuvoletti Perdomini (un altro ex Presidente dell’accademia Italiana della Cucina) e in La cucina nazionale Italiana di Allan Bay e Paola Salvatori.
Il 17 marzo 2008, la dichiarazione del Comune di Milano della Costoletta alla Milanese come De.Co – Denominazione Comunale ha fatto definitiva chiarezza. Il protocollo della De.Co fornisce anche le linee guida per la preparazione di un’autentica Costoletta alla milanese che per cominciare deve avere uno spessore di 3-4 centimetri.
Il termine Costoletta valorizza l’identità del piatto e la sua ricetta originale. Troppo spesso il termine Cotoletta è stato utilizzato per descrivere una preparazione molto più simile a quella del Wiener Schnitzel, che non ha molto a che fare con la Costoletta. Tanto per cominciare la Schnitzel, che è il piatto nazionale austriaco, in italiano dovrebbe essere chiamata semplicemente Scaloppina alla viennese o Fettina impanata. Infatti, viene preparata con un differente taglio di carne di vitello.
La storica della cucina Silvia Tropea Montagnosi chiarisce ogni dubbio: «La vera cotoletta è una costoletta con l’osso tagliato tra la prima e la sesta costola del lombo di un vitello da latte». Infine, la Schnitzel è molto sottile (un centimetro) e viene battuta con vigore prima di essere cotta, mentre la Costoletta Milanese è spessa ed è solo leggermente battuta.
Il grande chef contemporaneo Gualtiero Marchesi qualche anno fa sfidò i suoi clienti con una propria versione della Costoletta alla milanese. Senza cambiare il metodo di preparazione, servì la costoletta tagliata in cubetti di carne da 2,5 cm, ciascuno impanato e fritto, e con l’osso ancora con un pezzo di carne. In questo modo, ogni morso è dorato e deliziosamente croccante.
RICETTA:
Incidere la pelle esterna delle costolette, perché non si alzi durante la cottura e appiattirle con il batticarne. Mettere le uova in un piatto fondo e sbatterle bene, immergere le costolette. Passare successivamente la carne nel pane grattugiato, premendo poi con il palmo della mano affinché il pane aderisca bene e non si stacchi nel corso della cottura.
In un largo tegame scaldare il burro senza farlo soffriggere, alzare leggermente la fiamma e mantenendo sempre il colore biondo al burro, disporre la costoletta in un solo strato. Una volta cotta da entrambi i lati cospargere con sale e limone.
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