Dopo l’insediamento dell’apposita Commissione e gli ultimi adempimenti, il progetto può considerarsi concluso. Il caciocavallo di Ciminà è ufficialmente prodotto “De.Co.”, a denominazione comunale.
Il caciocavallo di Ciminà é un formaggio a pasta filata di latte vaccino o misto caprino, inserito nell’elenco nazionale dei prodotti agro-alimentari tradizionali, viene prodotto con tecniche tradizionali.
Storicamente il nome si pensa possa derivare dall’asciugatura a cavalcioni (“u casu a cavaddu”). Le famiglie che ancora oggi producono il caciocavallo ricordano che la tradizione risale ad almeno tre generazioni (100 anni circa), ma essendo un prodotto tipico delle famiglie povere di campagna, la tradizione potrebbe risalire anche più in là nel tempo. Il latte utilizzato è quello delle vacche di razza “Podolica” delle zone pedemontane dell’Aspromonte che utilizzano, al pascolo, la microflora di questo territorio del Versante del Basso Ionio Reggino (a base di sulla e avena, e con integrazioni in stalla di foraggi e concentrati in quantità variabile rispetto alla stagione foraggera).
Veniva anticamente consumato con salame, capicollo e soppressata locali e pane; era il pasto della gente che lavorava in campagna e che pascolava capi bovini, ovini e caprini.
Ingredienti utilizzati:
Latte intero crudo vaccino per il 90-95% proveniente da vacche della razza “Podolica” tipica delle zone pedomontane dell’Aspromonte, latte caprino per il restante 5-10%. Caglio naturale del capretto (stomaco del capretto).
FORMA: Forma classica del caciocavallo a sfera.
PESO MEDIO: Dai 2 ai 3 chilogrammi.
SAPORE: Salato tendente al piccante, sempre più piccante con l’avanzare del tempo.
COLORE: La crosta è bianco-giallognola con la superficie rugosa lasciata dalla forma, la pasta è bianca o paglierina con occhiatura scarsa.
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICA DI LAVORAZIONE:
Il caciocavallo di Ciminà viene prodotto con tecniche tradizionali. Il latte vaccino di una o due mungiture, assieme al late di capra, coagula nel pentolone di rame grazie all’immersione nel latte del caglio di capretto; la temperatura del latte affinché avvenga la cosidetta cagliata deve raggiungere la “temperatura dell’acqua di sole” (ovvero 25-30°C, la temperatura ambiente che si ha subito dopo la mungitura). Una volta che il latte “quagliau” (cioè si forma la tuma) si rompe la stessa tuma (ci si rende conto che la tuma è pronta quando il bastone di legno usato per il procedimento, il cosiddetto “ugliastru” e cioé un bastone di ulivo selvatico, viene immerso nel latte e sta dritto senza la necessità di tenerlo con le mani) fino a che i grumi abbiano raggiunto la dimensione di una nocciola.
Una volta rotta la tuma la si ricompone con le mani, la si toglie dal siero e la si mette a fermentare, la fermentazine non ha un tempo predefinito, ma segue el condizioni ambientali e climatiche contigenti (in genere dalle 4 alle 10 ore), nonché le condizioni relative all’acidità del latte, alla tempertura ambientale, alla massa della tuma.
Quando la tuma ha raggiunto la giusta fermentazione/maturazione (che la si evince dal fatto che a pasta si trova nelle condizioni di essere filata, ed il controllo dei tempi di maturazione si effettua mediante prelievi, a breve intervalli, di campioni che vengono immessi in acqua bollente per verificare se si allungano in fibre elastiche, lunghe e resitenti, cioé “filano”), la stessa tuma viene tagliata a fette ed immersa in una tinozza di legno in acqua bollente; ciò consente alla tuma di raggiungere una temperatura tale da iniziare a filare.
Una sapiente manipolazione del casaro a questo punto, da la forma classica di caciocavallo ovale o tronco-conica con la testina; l’operazine caratteristica consiste nella formazione di una specie di cordone che viene plasmato fino a raggiungere la forma voluta, mentre la modellazione della forma si ottiene con movimenti energici delle mani, per cui la pasta viene compressa in modo tale da avere la superficie esterna liscia, senza sfilature né pieghe e la parte interna senza vuoti. Le forme di caciocavallo così plasmato vengono quindi immerse in un recipiente di acqua a tempertura ambiente per qualche minuto per poi essere passate in un altro recipiente di acqua e sale (la cosiddetta salamoia – 1 Kg. di sale ogni 5 litri di acqua), dopo vengono lasciate riposare il tempo necessario (vengono messe in salamoia per un periodo indeterminato che varia dalla 2/3 ore all 5/6 ore dipende dal peso della forma di caciocavalli).
Una volta tolta dalla salamoia, la forma di caciocavallo viene appesa ad asciugare nel classico sistema “a calalcioni”. La durata minima del periodo di stagionatura è di due/tre giorni (dipende dalle condizioni climatiche) ma può anche protrarsi più a lungo a seconda del gusto di stagionatura che si vuole dare. Non ci sono particolari condizioni ambientali da rispettare per la stagionatura del caciocavallo se non quella di avere un ambiente asciutto, fresco e ventilato. Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI E ATTREZZETURE UTILIZZATI: Tino in rame stagnato, Bastone di legno (cosiddetto ugliastru, bastone di olivo selvatico), tavoliere di legno.