A Sermoneta la polenta è un piatto sacro. Immancabile su ogni tavola il giorno di Sant’Antonio Abate
A Sermoneta (LT), la polenta è una vera star in cucina, lontana dalla solita routine di sugo di salsicce e spuntature di maiale.
E c’è da dire che è un po’ come il nero: sta bene con tutto!
A Sermoneta, infatti, si fa sul serio.
Si sa, la polenta è il piatto dei pastori dei Monti Lepini, ma qui la rivoluzione è di casa.
Immaginate questa delizia: la polenta fumante, appena uscita dal paiolo di rame, che viene stesa su una tavola di faggio.
Ma cosa c’è di diverso? L’aggiunta di broccoletti, fagioli e persino ricotta!
E non serve essere dei cuochi stellati per farla: basta coprirla con un po’ di ricotta ammorbidita e schiacciata con un tocco d’acqua calda.
La variante con i fagioli è altrettanto semplice.
Prima di tirarla fuori dal paiolo, buttateci dentro i fagioli lessati e insaporiti con olio e sale.
In passato aggiungevano pure cotiche di maiale ai fagioli. Un po’ di extra per rendere tutto ancora più delizioso!
E ora, il tocco finale: la polenta con i broccoletti.
Questi piccoli gioielli di rapa locale crescono lungo i Lepini, e rendono la polenta davvero speciale.
Un altro eccezionale ortaggio laziale? Scopri il broccolo capoccione!
Provate ad immaginare di gustarla fumante, così gustosa e insaporita dai broccoletti che la rendono un’esplosione di sapori della terra.
Una volta pronta, la polenta si stende, si taglia a quadrati e si gusta con le mani.
E se avanzano pezzi, niente paura! Il giorno dopo si possono sempre abbrustolire sulla brace.
Borghi in festa a Sarmoneta per omaggiare la regina del gusto.
È talmente amata che le hanno dedicato una sagra e niente meno che cinque feste, una per ogni borgo del comune.
Ma sapete chi ha portato questo delizioso piatto in città nel lontano 1504? Niente meno che Guglielmo Caetani, il duca di Sarmoneta.
Dopo un esilio forzato di cinque anni voluto da papa Alessandro VI, tornò a Sermoneta con un sacchetto pieno di semi chiamati “mahiz”.
Li fece seminare nei suoi terreni, e che raccolti abbondanti!
All’inizio usò la farina di granoturco per preparare una pietanza per i prigionieri del suo castello, ma poi la polenta diventò il piatto principe dei poveri e dei pastori della zona.
Immaginatevi quei pastori che scendevano dall’Alto Lazio e dall’Abruzzo durante i mesi estivi, alla ricerca di pascoli succulenti.
La polenta era la loro salvezza, e per rendere omaggio al tutto, durante la festa di Sant’Antonio Abate, protettore degli animali, si offriva un piatto di polenta condita con il delizioso sugo di carne di maiale.
E questa tradizione antica resiste ancora oggi! Proprio in onore di Sant’Antonio Abate, si tiene la sagra della polenta.
Un altro evento interessante che vede protagonista la produzione locale del Lazio? La sagra della ciambella al mosto De.Co.! Da non perdere!
Ma, come abbiamo già sottolineato, quella di Sermoneta ha una marcia in più ed è una vera chicca: preparata con farina fresca, ha un colore giallo acceso che fa brillare gli occhi e un profumo fragrante che fa venire l’acquolina in bocca.
E il sapore? Un mix leggermente dolciastro che conquista tutti.
Insomma, la polenta di Sermoneta De.Co. è un intreccio di gusto e omaggio alla fede.
Se vi è piaciuto l’articolo, ma soprattutto se vi abbiamo fatto venir fame, continuate a seguirci!
Scopri un altro gustoso prodotto De.Co. del Lazio: il fantastico pamparito di Vignanello!