Campobasso è la casa madre dell’acciaio traforato De.Co.: l’arte di ricamare gli oggetti con maestria e creatività, passione e dedizione.
Una storia di difficoltà e conquiste, che oggi diviene trionfante e immortale.
L’artigianato si fa un bagaglio di tradizione e cultura, di un’identità locale difesa e custodita nei secoli.
L’arte molisana dell’acciaio traforato è un vero e proprio tassello della storia, un protagonista dei secoli con la sua evoluzione e le sue battaglie.
La lavorazione dell’acciaio a Campobasso ha radici più profonde delle nostre, che siamo qui oggi ad apprezzarla.
La sua nascita si può collocare nel XV secolo: quando la guerra, senza saperlo, ha dato impulso all’arte.
E infatti l’esigenza e l’alta domanda nella produzione di armi hanno fatto da terreno fertile per lo sviluppo di queste lavorazioni.
In quel periodo il conte Nicola di Monforte fece arrivare tanti fabbri, in particolare dalla Francia, che dovevano occuparsi di realizzare strumenti bellici.
E la pratica continuò negli anni, fino affinarsi ed affermarsi.
Tant’è vero che con la dominazione di Ferrante Gonzaga, dal XVI secolo, Campobasso diventa un centro di gran rilievo nella produzione delle armi.
Il capoluogo molisano e i suoi mastri ferrai iniziano a costruirsi il proprio ruolo: quello di punto di riferimento nella lavorazione dell’acciaio.
Ma come in ogni storia, non ci sono conquiste senza difficoltà e battaglie.
E infatti a metà ‘700 arrivano due grandi ostacoli, in grado di mettere a rischio la posizione meritatamente occupata fino ad allora.
Il primo proviene dal mondo anglosassone, che introduce la tecnica di fusione dell’acciaio. Ciò rendeva le lame inglesi molto più economiche, e di conseguenza più appetibili.
Il secondo arriva dal re di Napoli Carlo di Borbone, che nel 1750 vietò la produzione di armi da taglio in qualsiasi luogo che non fosse la zona napoletana.
Ma ciò non bastò a sconfiggere la maestria artistica di Campobasso, che reagì creativamente.
I mastri ferrai non abbandonarono infatti la loro produzione, ma la riconvertirono.
Non potevano realizzare armi da taglio, vero, ma nulla impediva di dedicarsi ad altri oggetti come attrezzi agricoli e minuterie, forbici e coltelli su tutti.
E per contrastare l’attacco indiretto degli inglesi, si concentrarono ancor più sulla qualità dei loro prodotti, rendendoli inimitabili.
Ed è proprio in questo contesto che, tra il ‘700 e l’‘800, nasce e si diffonde la tecnica del traforo.
Arte di incantevole bellezza questa, in grado di ricamare l’acciaio con motivi ornamentali.
Il merito va a Carlo Rinaldi e Francesco Foresta, che per primi lavorano artisticamente le loro lame, rendendole creative ed eleganti come poche.
Il XIX secolo è il tempo di diffusione e riconoscimento.
Infatti gli artigiani campobassani partecipano a tante esposizioni e mostre, collezionando premi e fama.
Tra le tante si ricordano quella di Napoli del 1853 e quella di Firenze del 1861, dove fu addirittura presente re Vittorio Emanuele II.
E proprio lui diede ulteriore impulso all’arte dell’acciaio traforato, che apprezzò tanto da commissionare degli oggetti da donare poi all’imperatore Napoleone III.
E come dicevamo, ancora una volta non c’è conquista senza difficoltà.
Tant’è vero che proprio in questo momento di massimo splendore interviene la storia a mettere i bastoni tra le ruote: arriva la Seconda Guerra Mondiale, e con essa la scarsità di materie prime e il declino.
Ma ancora una volta Campobasso si tiene stretta la sua arte, decisa a custodirla nonostante le avversità.
Negli anni ’80 gli artigiani locali si rimboccano le maniche e, grazie alle attività formative organizzate dalla Regione, si cercò di tramandare l’arte del traforo per renderla immortale.
E ci sono riusciti: oggi il traforato ha conquistato l’attestazione De.Co. (Denominazione Comunale)!
Ed è così che l’acciaio traforato De.Co. continua a fiorire a Campobasso, grazie a mani abili e piene di passione.
Diventa un vero e proprio simbolo dell’identità locale, così rappresentativo da essere il dono d’eccellenza per chi ne vuole un assaggio: tra gli altri, Papa Francesco e il Presidente Mattarella.
Ciò grazie ai custodi instancabili di quest’arte, tutt’oggi impegnati a farla fiorire.
Parliamo di tre mastri ferrai di Campobasso.
Aldo Perrella ha il suo negozio-laboratorio in via Cardarelli 47, dove espone la sua produzione e lavora con dedizione.
Con pochissime concessioni alla modernità, cesella l’acciaio con una tecnica risalente a ben 2 secoli fa.
Come un custode della tradizione, ne fa tributo quotidianamente.
Antonio Muccino si trova invece in via San Giovanni 328.
Il suo laboratorio-rifugio è fonte e tana dell’arte antica: disegno, bulinatura, traforo, sagomatura, riporto, cesello, punzonatura, lucidatura.
Ogni realizzazione è un estratto di meraviglia e unicità.
C’è poi Nicola Francescone, in via Monforte 24.
Proveniente da Frosolone, patria molisana dei coltelli, è un esperto coltellinaio come davvero pochi.
Fiorendo sulla strada del traforo artistico, un vario campionario fa assaggiare arte mista a storia.
Segui Infodeco per altri racconti di cultura e tradizione!